Research Projects

Verità e ruolo della verità

Ambito disciplinare Filosofia

Tipologia finanziamento Istituzionale

Ente Finanziatore ATENEO - Attività di Ricerca Istituzionali (EX 60%)

Data avvio: 30 September 2013

Data termine: 30 September 2016

Durata:

Abstract:

Tradizionalmente, alla verità si è assegnato un ruolo centrale tanto dal punto di vista logico-semantico, tanto dal punto di vista epistemologico. La verità è centrale in una tradizione logico-semantica, che si può indicare come “paradigma vero-condizionale”, fra i cui padri figurano Frege, Carnap e Tarski. Nel paradigma vero-condizionale, la verità figura nella caratterizzazione di nozioni logico-semantiche centrali quali quelle di conseguenza logica, analiticità e significato. La verità è centrale anche in una tradizione che si può indicare come ‘realismo scientifico’, nella quale essa è additata come l’obiettivo fondamentale e trascendente della ricerca umana. Più recentemente, entrambe queste tradizioni sono state oggetto di critica. Da un lato, vi è chi ha negato alla verità un ruolo genuinamente esplicativo in semantica. Dall’altro, vi è chi ha proposto di sostituire la verità come obiettivo della ricerca con nozioni di carattere epistemico o pragmatico. Il progetto si propone di esaminare e discutere entrambe queste reazioni ai paradigmi tradizionali. I. La verità può essere intesa come un concetto pregnante e strutturato, la cui analisi richiede un apparato teorico impegnativo, oppure come un concetto semplice e, per così dire, sottile, che può essere adeguatamente presentato mediante pochi elementari principi. In questa seconda concezione, che possiamo chiamare ‘deflazionista’ e che gode oggi di ampio consenso all’interno del dibattito sulla verità, il predicato di verità non è altro che uno strumento che serve per esprimere generalizzazioni che sarebbe impossibile o più complicato esprimere altrimenti, quali, ad esempio, “Qualche affermazione di Maria è vera” (Quine, Field, Beall). Questo ruolo del predicato di verità è giustificato dal principio di trasparenza: per qualunque enunciato o forma enunciativa A, l’enunciato “ ‘A’ è vero” è intersostituibile con “A” salva veritate in tutti i contesti estensionali. Secondo il deflazionista, il principio di trasparenza, in una qualche sua versione, esprime tutto ciò che c’è da dire sulla verità. Null’altro, non una teoria e nemmeno una definizione, sarebbe richiesto per “spiegare” la nozione di verità. Il principio di trasparenza, tuttavia, genera noti paradossi, in primis quello del mentitore. Per evitarli, secondo l’analisi di Tarski (1933) la trasparenza va collocata nella metateoria sotto le opportune, e ben note, condizioni, mentre secondo l’analisi di Kripke (1975) la trasparenza riguarda la teoria stessa ma va comunque sottoposta a opportune, altrettanto note, restrizioni. Entrambe queste analisi tradizionali rinunciano dunque alla validità generale (non condizionata e non ristretta) del principio di trasparenza. Tale rinuncia tende però ad appare problematica dal punto di vista deflazionistico. Di conseguenza, alcuni deflazionisti hanno dato avvio a un progetto di ricerca il cui obiettivo è ‘salvare la verità dai paradossi’ (Field 2008) senza rinunciare alla validità generale del principio di trasparenza. In funzione di quest’obiettivo è stata sacrificata la conservazione della logica classica. Tuttavia, mentre da una parte si è identificata la comprensione della nozione di verità con la pura e semplice accettazione della trasparenza, dall’altra tale nozione ha conservato il suo spessore e ha continuato ad avere un ruolo fondamentale nell’ambito del paradigma vero-condizionale. Collocandosi nell’ambito di questo quadro di riferimento, ci si propone innanzitutto di: 1) continuare a difendere un approccio più tradizionale alla nozione di verità rispetto a quello delle concezioni deflazioniste; 2) esaminare alcuni dei problemi che una nozione robusta di verità incontra quando l’assolutezza e l’atemporalità con la quale è solitamente associata devono fare i conti con l’analisi di enunciati, contestualmente collocati, nei quali è fatto uso dei tempi verbali e di nozioni modali. II. Il ruolo della nozione di verità è stato oggetto di discussione anche in ambito di filosofia della scienza. Si è proposta, ad esempio, la sua sostituzione con la nozione di verificazione (primo neopositivismo), l’introduzione della nozione di adeguatezza empirica come maggiormente rilevante per la valutazione delle teorie scientifiche (van Fraassen), l’individuazione della soluzione di specifici problemi sperimentali o tecnici come obiettivo esclusivo della ricerca scientifica (strumentalismi vari), per approdare infine ad una concezione prevalentemente pragmatista che, abbandonando ogni progetto generale di esplicazione, finisce di fatto per negare un ruolo ad una nozione robusta di verità. L’esito pragmatista antirealista è contrastato dal realismo scientifico. Tuttavia anche questo orientamento presenta le sue difficoltà. Una difesa minimale dell’esigenza di parlare di verità anche in ambito scientifico, considerando come minimo legittimo il sollevare la questione della verità di una teoria, può essere sviluppata analizzando, ad esempio, alcuni aspetti o problemi che riguardano la medicina. In particolare: a) È tradizionale considerare la salute e la malattia come oggetto specifico della medicina. Secondo alcune concezioni la loro identificazione è esterna alla medicina ed è allora naturale chiedersi in che modo esse diventino oggetto di trattazione medica e se tale trattazione sia adeguata a ciò che salute e malattia sono o appaiono essere. Almeno a prima vista ci si aspetta che la medicina ci dica qualcosa di vero riguardo alla salute e alla malattia. b) Talora si distingue il sapere medico che deriva dalla ricerca scientifica dall’attività clinica e all’interno di questa la diagnosi dalla cura. Teoria medica, conclusione diagnostica e decisione terapeutica finiscono per confondersi, o almeno perdere in parte la loro specificità, se tutte sono concepite in funzione della soluzione di problemi operativi. Se ci sono ragioni per fare la distinzione, questa risulta certamente più facile se si ammette che abbia senso parlare della verità di una teoria e di una ipotesi. c) Ci sono fenomeni, come l’effetto placebo, dei quali si comincia solo recentemente a conoscere qualche aspetto. È abbastanza evidente che di essi si conosce ancora poco e si ha anche il sospetto che una spiegazione completa sia inevitabilmente lunga e complessa. In questi casi la ricerca è sostenuta anche da un genuino interesse teoretico che appare naturale intendere come interesse per la verità riguardo ai fenomeni studiati. Perché dovrebbero contare solo le associazioni finali tra condizioni iniziali ed esiti risultanti? Il redattore di questi progetto prevede di sviluppare i temi a), b) e c), oltre a quelli indicati in 1) e 2), proseguendo e approfondendo ricerche già iniziate e in parte già pubblicate. Presumibilmente i collaboratori indicati nel progetto si impegneranno maggiormente nella prospettiva logico–filosofica qui illustrata per prima.