Research Projects

Etica minima - Etica massima: continuazione

Ambito disciplinare Filosofia

Tipologia finanziamento Istituzionale

Ente Finanziatore ATENEO - Attività di Ricerca Istituzionali (EX 60%)

Data avvio: 30 September 2013

Data termine: 30 September 2016

Durata:

Abstract:

Secondo un topos interpretativo assai consolidato il soggetto morale, così come risulta dal lungo processo di elaborazione della modernità, si contraddistingue per il suo carattere di autonomia e per il fatto di essere pienamente libero e moralmente responsabile, chiamato pertanto a rendere conto di sé, dei principi a cui s’ispira personalmente e delle scelte che ne conseguono. Tale autonomia sarebbe in definitiva espressione di un’autenticità del soggetto e garanzia della sua possibile autorealizzazione (si vedano al riguardo le articolate analisi di Charles Taylor, Radici dell’io; L’età secolare); nel contempo, per lo meno in alcuni esiti estremi, l’autonomia verrebbe declinata in termini meramente soggettivistici e individualistici, sino a svalutare la stessa dimensione relazionale, che pure contraddistingue l’essere del soggetto. Una testimonianza di tale processo è facilmente rinvenibile in alcune correnti del pensiero bioetico (si pensi a H. Tr. Engelhardt jr.) che enfatizzano il principio di autonomia, subordinando a questo altri principi, da quello di beneficenza a quelli di non maleficenza e di giustizia. Interessante è anche la modalità attraverso la quale si perviene a questa assolutizzazione dell’autonomia: ci si richiama a Kant, che non a caso aveva definito l’autonomia “il supremo principio della moralità” (Fondazione della metafisica dei costumi), e nel contempo gli si addebita il tentativo di aver concepito la libertà in senso contenutistico, e non semplicemente come mera libertà di scelta, che come tale dovrebbe avere un valore in sé e per sé, indipendentemente dai contenuti che di volta in volta possono essere adottati. Una simile interpretazione del pensiero kantiano suscita diversi interrogativi: è infatti ben difficile ritenere che l’autonomia kantiana possa essere concepita come insindacabile espressione del soggetto particolare. Al di là comunque della correttezza o meno di tale lettura, resta il fatto che molteplici percorsi del pensiero contemporaneo, oltre che della cultura diffusa, segnalano le difficoltà che si addensano sulla determinazione del concetto di autonomia, specie se considerato in riferimento alla dimensione relazionale del soggetto. Spesso l’enfasi sull’autonomia si traduce in una giustificazione minimalistica dell’etica, che volutamente astrae da una problematizzazione antropologica e metaetica, contenutisticamente ricca. L’analisi della dialettica tra autonomia e relazionalità si riverbera anche nel modo di intendere l’etica filosofica, secondo un approccio qualificabile in senso lato come metaetico. Spesso infatti una accentuazione in senso individualistico dell’autonomia si traduce nella giustificazione di una sorta di minimalismo etico, in cui l’etica si qualifica come pubblica, quindi come procedura razionale e neutrale per regolare i rapporti tra individui tra loro estranei. Può essere letto in questa chiave il ricco dibattito che ha preso avvio dalla pubblicazione di un testo classico come Una teoria della giustizia di John Rawls e che ha visto protagonisti, oltre al neocontrattualismo, il neoutilitarismo, il libertarismo, la teoria dei diritti, approcci tutti volti a valorizzare l’autonomia a partire dall’adesione all’individualismo metodologico. Senza voler ritornare su questo dibattito, già abbondantemente trattato, la ricerca si soffermerà su quei tentativi che hanno ripensato l’autonomia e l’identità personale, in modo da renderle compatibili con una relazionalità tra soggetti non estranei (si pensi al riguardo a Paul Ricoeur). Inoltre una comprensione più ampia della soggettività morale, che per esempio sottolinei anche la dimensione dell’aspirazione alla vita buona, può permettere di non limitare l’etica a una giustificazione minimalistica, nella quale i confini con il giuridico rischiano di dissolversi (si pensi, oltre che a MacIntyre, a Taylor e McDowell); in un’altra direzione, che si rifà espressamente al kantismo (Korsgaard, M. Baron), l’indagine della soggettività morale e della sua riflessività pervengono ugualmente alla conclusione che l’etica è chiamata a riflettere normativamente sull’integralità dell’esperienza umana, evitando di confinarsi in un compito meramente formale e minimalistico. Il programma proseguirà le linee di ricerca già sviluppate in precedenza . In particolare il tema dell’autonomia verrà declinato ponendo attenzione al rapporto tra etica e diritto; in questa prospettiva infatti la declinazione minimalistica è ricorrente, ponendo a rischio però la specificità dell’etica e le sue indicazioni contenutistiche. Da un altro punto di vista importante è anche considerare la relazione tra etica e religione, specialmente per ciò che attiene al problema della motivazione pratica; per esempio, l’ipotesi della rilevanza del nesso tra il piano morale e quello spirituale, già emersa nella fase istruttoria del lavoro impostato nell’ultimo anno, appare suffragata dall’analisi puntuale dei testi di riferimento (in particolare in Tommaso d’Aquino: vd. le quaestiones 6 e 7 di Summa Theol. I-II, nonché alcuni studio critici tra gli altri di Maritain, Hayen, Lottin, Kluxen, Leonhardt, Gallagher, Finnis). Oltre alla teoria motivazionale, che sembra mettere in discussione un approccio minimalista in quanto poco efficace, sul piano più strettamente teoretico il rapporto tra minimo e massimo può riguardare il rapporto tra etica personale ed etica pubblica (quest'ultima nel dibattito contemporaneo viene per lo più giustificata in termini minimalistici ovvero procedurali e 'neutrali') nonché il rapporto tra diverse forme di prescrittività (come nel caso dei comandi e dei consigli).